Qualunque vignaiolo entri a su Teularju, passato l’iniziale terrore/stupore, vedendo l’albero che sta in mezzo alla ghirada sentenzia che non ci sta a far niente. Sarebbe stato meglio abbatterlo e far correre dritta la linea dei filari. Non si tratta di un albero molto fortunato; colpito ripetutamente dai fulmini ha una parte di corteccia bucata, inoltre l’impianto lo mise a dura prova, così mio padre per tutta l’estate torrida del 2017 lo innaffiò regolarmente.
L’anno dopo però ecco spuntare i bruchi, o meglio, un’invasione di bruchi; questi divorarono tutte le foglie e quando avevamo cercato di aiutarlo con il bacillus turigensis sembrava ormai troppo tardi; il suo destino era, a parer nostro, segnato.
Invece poi, uno dei primi giorni di primavera 2019, le avevamo trovate lì in una mattina qualunque: le foglie verdi.
Quindi tutto sommato non era stata una decisione sbagliata lasciarlo lì in mezzo, sebbene quando a nostro padre, Francesco Sedilesu, chiedano il perché abbia deciso di lasciare proprio quell’albero, avvalla molte ragioni: perché essendo troppo grande non se la sentiva di abbatterlo, perché è radicato in una macchia di pietra durissima, o perché voleva tagliare la vista dell’orizzonte, rendendo meno spaventosa la ghirada.
Ci sono tanti motivi insomma; a noi figli dice sempre che quell’albero può offrire occasione di riposo alla sua ombra mentre lavoriamo quei filari sconfinati, ma in realtà quest’occasione ancora non si è presentata.
Solo un giorno di Maggio, mentre passavamo proprio in quei filari, impegnati con la potatura verde, sentimmo dei rumori provenienti dall’interno della corteccia dell’ albero, io ovviamente pensai ad un topo enorme, così mio fratello Giuseppe Sedilesu decise di lanciare una pietra dentro per costringere l’animale a uscire allo scoperto. Qualche tonfo e poi eccola lì, immensa. Una civetta bianca. Rimanemmo a bocca aperta finché i nostri occhi poterono vederla mentre volava accecata dalla luce cercando un altro riparo.
Quella quercia è una casa, questo basta.